ARTEGNA – 8 OTTOBRE 2020

Tempi di castagne

L’intreccio dei sentieri che si ramificavano tra i vecchi castagni si va diradando e ed è sostituito dalle piste dei selvatici, più strette e dirette. Portano nel fitto dei boschi, in luoghi impenetrabili, dove di giorno i grandi mammiferi attendono silenziosi il calar delle tenebre per scendere a cena. A terra un tappeto spinoso di ricci e i segni evidenti delle grufolate notturne. Il sole basso illumina le castagne cadute, lisce e lucenti, avanzate dall’abbondante banchetto dei suidi, accompagnati da schiere di altri piccoli mammiferi che non disdegnano una scorpacciata ad alto contenuto energetico, dopo un’estate sempre avara nel bosco di caducifoglie. La vecchia mulattiera, lastricata e ben conservata, risale la spalla del monte Faeit e ci porta all’affaccio sulla valle dell’Orvenco, di cui sentiamo rumoreggiare le acque, laggiù nel folto di aceri e frassini. Di fronte a noi, tra le fronde dei castagni, intravediamo le rovine del castello di Ravistagno, o Ravestein: la rupe dei corvi. Un toponimo davvero azzeccato, che potrebbe essere il titolo di un film d’avventura alla Indiana Jones, e non necessiterebbe nemmeno di tanti ritocchi scenici. Visto da sotto, il maniero costruito su uno sperone di roccia che scende quasi verticalmente fin sul torrente, appare un sito inespugnabile. Se ci nidificasse qualche corvo imperiale sarebbe il massimo. Da Montenars il rudere è facilmente raggiungibile percorrendo l’antica stradina castellana, in parte ancora ben conservata. I terremoti da queste parti si fanno sentire e quelli del 1348 e 1511 hanno atterrato molti castelli friulani, forse anche questo. I segni di questi eventi, compreso l’ultimo del ’76, sono ben documentati, come la frana di crollo che visitiamo metà percorso. Enormi massi accatastati a casaccio sul versante ovest del monte. Impressionante la forza della natura: da un lato dolce come queste castagne, che di qui a poco verranno assaporate con tanto di novella ribolla; dall’altro aspra e impietosa, almeno per noi uomini, perché i pasciuti cinghiali, in caso di terremoto, non subirebbero grossi danni. La loro casa: il bosco, è fatta di frassini, aceri, castagni e tigli, strutture certamente antisismiche.

Anche quest’anno, nonostante tutto, è arrivato il tempo delle castagne. Produzione abbondante. Si va per boschi, raccogliendo ciò che i cinghiali la notte non sono riusciti a raspare. Ormai l’ex castagneto, divenuto intricata selva, è casa loro. Noi siamo gli intrusi, i nomadi raccoglitori.