GRADO – 7 NOVEMBRE 2020

Il sorriso del fenicottero

Il sole buca improvvisamente il velo rosato del cielo e schizza dalle alture del Carso, mancando per pochi metri il campanile di Barbana, unico tratto verticale nel paesaggio marino. Come un crogiolo carico di metallo fuso riversa in laguna una colata gialla che investe le nostre ombre, dando profondità ad uno spazio fino allora in 2D. Il Triglav, il Coglians e il Duranno, tre giganti di roccia sullo sfondo, allungano il collo per ammirare lo spettacolo dell’alba. Il cielo è un incrocio d’ali senza scie, in tutte le direzioni, come ogni mattina. Ci si muove presto per guadagnare tempo, giungere in fretta nei campi, nelle barene, nei canali di risorgiva, nelle periferie delle città, dove iniziare un nuovo giorno di caccia, di pascolamento, di ricerche del cibo. Ogni becco ha una sua funzione, ogni impronta una forma, ogni nicchia ecologica accoglie la sua creatura, e il tutto s’incastra senza sovrapporsi, completando il mosaico d’un ecosistema che si dispiega nitidamente davanti agli occhi, in questa tiepida mattinata novembrina. La complessità va accolta nel suo insieme, senza pretendere di decifrarne le singole parti. Ogni tessera, presa singolarmente, non dice un granché, se non del suo colore, forma e composizione. Immersa nel tutto ha un suo senso sfuggente, e come tale va apprezzata. Il contributo del singolo organismo al tutto, come un singolo punto di pennello in un quadro di Georges Seurat, non è indispensabile, ma vitale all’armonia (o equilibrio) del sistema. Senza quel punto ci sarebbe una piccola (o grande) mancanza, senza quel becco piegato ci sarebbe un impercettibile squilibrio nella biocenosi, ma quanto inciderebbe sul sistema nel lungo periodo? Diceva William Shakespeare oltre 400 anni fa: “Nell’infinito libro dei segreti della natura / un poco posso leggere”. Ecco, in quattrocento anni, tra microscopi, telescopi e sonde molecolari, ne abbiamo fatta di strada, ma di fronte alla complessità del sistema ci troviamo più o meno al punto in cui si trovava il grande drammaturgo, e come lui dovremmo esserne comunque compiaciuti. Dopotutto le singole tessere le abbiamo esaminate in buona parte (la strada della conoscenza non ha fine) ma la complessità del sistema, quel tutto composto da infinite pennellate cromatiche, ancora ci sfugge, e non possiamo che apprezzarne il risultato finale: quel quadro che va ammirato solo da una certa distanza. Così, quest’oggi, di fronte al fenicottero che stiracchiava le sue ali rosa ai primi raggi, scrutando con il binocolo quel suo beffardo sorriso capovolto, avevo come l’impressione che in materia di ecologia ne sapesse più di me!

Se capovolgiamo l’immagine di un fenicottero, il suo becco si trasforma in un beffardo sorriso. Ogni volta che ne vedo uno mi tornano in mente le analisi evoluzioniste di Stephen Jay Gould, e ogni volta che andiamo in laguna incontriamo Darwin e tutte queste specie!