ARTEGNA – 18 FEBBRAIO 2021
La panchina
Sono spazi di tutti, le panchine, ma ognuno di noi forse ne sente una un po’ più sua rispetto ad altre e ad altri. Il rapporto che si instaura con la panchina è dettato da tanti fattori. C’è un primo incontro, che può essere casuale o ricercato, c’è una prima volta in cui ci si siede, e c’è una prima sensazione che sovviene una volta seduti, non tanto fisica, dettata dai materiali: legno, ghisa, plastica; non dovuta alle temperature, all’anatomia, al design, alla comodità, alla stanchezza. È una percezione emotiva trasmessa dalla vista, dallo spazio intorno; un mix di vari sensi che si condensano nell’istante in cui ci si siede. Inoltre se accanto c’è un’altra persona si sommano sensazioni più complesse, perché le panchine non sono sedie e possono essere condivise. Ad esempio quella che abbiamo raggiunto oggi, dopo un’oretta di ripido sentiero e trecento metri di dislivello, era una panchina speciale per tanti motivi. A giudicare dai cuoricini appesi sul piccolo frassino orniello cresciuto al suo fianco si trattava senz’altro una panchina importante per qualcuno. Non ho sbirciato le frasi scritte dentro i cuori rossi, che penzolavano danzando lievi alla leggera brezza di valle, ma avevano certamente regalato istanti indimenticabili a qualcuno, almeno lo spero. Di solito i graffiti sullo schienale o tra le aste della seduta raccontano alcune delle tante storie che una panchina ha conosciuto e conserva, ma questa, posizionata sopra il paese di Artegna, sulla prima prealpe, stranamente non ne aveva, benchè fosse di un legno, ottimo per incisioni. Probabilmente chi giunge qui è sopraffatto dal panorama e dall’improvvisa apertura sul pendio in mezzo al bosco, dall’unico lembo di prato ancora presente in questo versante, un tempo a castagni e prati-pascoli, da restarvi estasiato e non pensare di incidere le proprie iniziali o il nome di una ragazza, o una data. O è talmente spossato dalla fatica della salita che non pensa ad altro che sedersi ed ammirare il vasto panorama. Oppure chi va in montagna è più discreto dei frequentatori di panchine di parco cittadino, e nel ritenere questa una panchina di tutti, non la marca con la punta del temperino.
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Penso che ognuno serbi il ricordo di una panchina che gli ha regalato belle emozioni, momenti felici e spensierati, speranze, incontri: una panchina del cuore insomma. Le panchine non lasciano mai indifferenti, siano esse di viale o di parco cittadino, di stazione ferroviaria, di bucolica sosta lungomare o tra prati fioriti in mezzo ai monti.
Questa panchina t’invoglia oltremodo ad una comoda e lunga sosta. è un oggetto essenziale: una massiccia seduta in mezzo tronco, una spessa tavola di schiena, due montanti. Tutto castagno, abilmente sagomato. Costruita sul posto da scaltri montanari, gente che con una motosega in mano sa fare di tutto. Saldamente collocata alla sommità della breve striscia erbosa che il bosco vorrebbe invadere ma che, a colpi di decespugliatore, qualcuno tiene ancora a bada. E così il profumato assenzio e la spinosa calcatreppola possono ancora godersi tra i ciuffi di festuca questo scampolo di panorama e ritagliare un lembo di paesaggio perduto. Alla panchina vi si sbuca dopo una leggera discesa ed una breve deviazione dal sentiero diretto alla cima del monte Faeit, seguendo una marcata traccia che in cinquanta metri conduce alla schiarita. Probabilmente molti procedono diritti senza accorgersi di questa possibilità, soprattutto d’estate, quando la volta ombrosa nasconde la vista dell’apertura verso Sud, e la traccia si nota di meno nello scuro del sottobosco. Anche un altro percorso vi sale, più diretto e meno frequentato. Sembra che tutte le vie portino a questa panchina panoramica: la panchina dell’amore. Ritengo che le dichiarazioni qui espresse non siano molte, rispetto ad una panchina di città. La fatica per raggiungere il luogo è selettiva; inoltre poca gente abita nei dintorni, e la panchina non è poi così famosa, almeno per ora, per fortuna. Ma è probabile che nel circondario sia abbastanza nota e rappresenti non solo la meta di una sgambata pomeridiana, ma anche un luogo dove audaci innamorati salgono a godersi un tramonto da favola. La vista è magnifica: basse colline emergono dalla pianura e si perdono in profondità, contornate dallo sfondo prealpino dove cime ben più severe nascondono l’ultimo sole. E poi paesini, campanili e castelli, e l’immenso alveo biancheggiante del Tagliamento a contornare il quadro romantico. Se l’avessi conosciuta a vent’anni, forse sarebbe stata questa la panchina del cuore.