RACCHIUSO – 12 DICEMBRE 2020
Elevazioni
Racchiuso di nome e di fatto: piccolo paesino che racchiude angoli suggestivi, vecchi rustici e, in questo periodo, un presepe incantevole. Racchiuso è a sua volta racchiusa da boschi scapigliati, infastiditi dal continuo andirivieni di motoseghe e trattori. Il ripetuto prendi qua e taglia là ha creato intrichi di sterpi e sodaglie rampicanti, dalle quali emergono slanciati frassini o audaci roverelle, voluttuosi aceri e arcigni carpini neri. Se cerchi un bosco da favola, con fusti slanciati , un sottobosco pulito e ordinato, dove passeggia ballonzolando Cappuccetto Rosso, hai sbagliato posto. Qui il rovo la fa da padrone e si accaparra il pian terreno. La clematide gli va dietro e si sistema ai piani alti, mentre l’edera, per non essere da meno, dimostra tutta la sua versatilità strisciando in orizzontale, in verticale e, in caso di anfratti e grotte, che abbondano in questi monti, scendere anche negli scantinati. Se tenti d’entrare in questo viluppo di flessibili fusti, vieni stretto alle caviglie all’istante, e se sei senza guanti e cesoie, alza le mani e consegnati, hai perso in partenza. Pertanto tocca rassegnarsi alla monotona pista forestale, che tuttavia tanto noiosa non è, visto che, soprattutto d’inverno, regala scorci sulla pianura e inattesi panorami dalle Prealpi Carniche alla Costa. Inoltre ci concede incontri ravvicinati con affioramenti rocciosi messi a nudo dagli sbancamenti. Appaiono così grigie bancate di calcarenite, la pietra Piasentina (che “la piase”, come dicono gli udinesi), antiche come i dinosauri. Non mancano le tenere e fragili marne, tipiche rocce “da cemento” che l’estroso Arturo Malignani, con il suo solito piglio ingegneristico-imprenditoriale, seppe a inizi Novecento sapientemente sfruttare in quel di Cividale, nei rivoluzionari forni verticali, alimentati a carbone, della costituita società Cementi del Friuli. Ma le chicche naturalistiche di questi selvatici declivi, di questi dedali inconquistabili, dei quali solo cinghiali, caprioli & C. possiedono la password d’accesso, sono certamente gli agrifogli. (Continua…)
Albero misterioso, Ilex aquifolium, albero che in estate ama mostrarsi poco, confondendosi nello strato di mezzo, un po’ sopra il groviglio degli arbusti, ma coricato sotto le chiome delle caducifoglie, delle quali ben tollera ombra e gradisce la protezione. D’ inverno, quando il bosco perde la sua chioma, l’agrifoglio, come un Re senza corte, resta nudo. Allora ne cogli la sua bellezza, che sin dall’antichità ha attirato la fantasia popolare, ben prima che irrompesse il Natale cristiano. Pianta magica, ottima contro i demoni, irrinunciabile amuleto per i fortunati, da utilizzare quindi come ornamento nelle abitazioni popolari, spoglie di opere d’arte, arazzi e tesori. Recuperato dalle usanze celtiche e trasferito ai riti cristiani, vista la presenza di strutture anatomiche idonee a ricordare la Passione di Cristo, dalle foglie spinose, come la corona di Gesù, alle bacche rosse come il suo sangue, l’agrifoglio è diventato Re degli addobbi. Osservandone la forma, e in particolare le foglie, ci si accorge però di una piccola modifica anatomica che la pianta presenta durante la crescita. Più si innalza, allontanandosi dal terreno e da tutte le bocche affamate degli erbivori, più le sue foglie addolciscono i margini, perdono le spine e assumono la classica forma di foglia: quella dei disegni dei bambini. Senza creste ondulate, senza spine, lassù in alto le fronde dell’agrifoglio sembrano a quelle dell’alloro. Buon indizio, interessante insegnamento, quello dell’agrifoglio, metafora pasquale più che del Natale. Elevandosi ci si allontana dai problemi terreni, si possono riporre le difese, semplificare il modo di vivere, porsi nel modo più efficiente verso il sole, la luce, la verità.