OSOPPO – 13 GENNAIO 2021
Evergreen
Le stagioni: una bella conseguenza dell’imperfezione del nostro asse di rotazione, leggermente inclinato al piano dell’orbita, e anche effetto di una traiettoria orbitale non circolare ma ellittica, come abbiamo appreso dai banchi delle medie. Il buon Keplero, con la sua Prima Legge, da imparare ovviamente a memoria, ha tentato di spiegarmi tutto ciò, ma dal libro scolastico non ne avevo colto un granché, né intuite le conseguenze. “Perfette imperfezioni” potremmo definirle, come gli errorini di trascrizione del DNA, che hanno agito fin dalla primordiale e microscopica cellula procariote, portandola al grande caos evolutivo dei viventi. Apparenti difetti che testimoniano la stravagante abilità del Creatore, svelandone a tratti l’immenso disegno cosmico. Le stagioni dicevamo, la sorprendente mutevolezza dei mesi, la variabilità dell’azimut di albe e tramonti solari e lunari, i passaggi equinoziali del sole allo Zenith, l’andamento delle correnti, dei venti, del caldo e del freddo. Stagioni significano trasformazioni, migrazioni, vernalizzazioni, letarghi e risvegli, ritmi circadiani, cicli biologici insomma. Durante l’inverno un colore su tutti sembra svanire, al quarantacinquesimo Nord o su di lì: il verde. Un colore benefico, che infonde speranza non solo proverbialmente, ma realmente, attraverso particolari stimoli cerebrali.
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L’inverno sta spadroneggiando. Le sue fedeli truppe imbiancanti si accaniscono in ogni dove nella montagna friulana. Non v’è anfratto, versante o riparo nel quale non siano penetrate ammucchiando neve, sigillando nel ghiaccio sorgenti, cristallizzando il paesaggio. Ma nella pedemontana le gelide avanguardie allentano la presa.
Lo studio delle potenzialità ristorative degli elementi naturali, dei quali la verde clorofilla è la regina, ha confermato infatti che gli esseri umani, avendo ricevuto per milioni di anni un vantaggio evolutivo dalla possibilità di contatto con certi contesti, avrebbero sviluppato un’innata propensione a reagire positivamente davanti a essi. Non c’è quindi da meravigliarsi se un gelido giorno di gennaio, trascorso in mezzo a nuovi germogli, alberi e arbusti sempreverdi, fronde di felci, verdi festoni di rampicanti, pareti muscose e tenere foglie di Gigaro, ci ha donato una piacevole sensazione di benessere, regalandoci un pomeriggio “rapito” all’inverno. Il Colle di Osoppo è una nave di roccia rimasta incagliata tra le ghiaie dell’alta pianura friulana e scampata al bulldozer delle glaciazioni. Intrufolandoci nei suoi sentierini, che percorrono in lungo e in largo versanti e sommità, è sorprendente scoprirne gli inesauribili verdi che tutto avvolgono, anche durante la stagione fredda. Il microclima dovuto alla buona esposizione e la posizione del rilievo hanno favorito lo sviluppo di una flora verdeggiante anche in inverno. «Se ci fosse il mare là sotto sembrerebbe l’Argentario!» afferma qualche compagno di cammino. È proprio vero, la vegetazione rigogliosa del colle ha le sembianze della macchia mediterranea. Qui nel mezzo della boscaglia dominata dai lecci, tenaci querce sempreverdi di grande bellezza, sembra che le stagioni non provochino mutamenti, ed anche i pini neri, che curiosamente convivono in questo mix alpino-mediterraneo, appaiono sempre uguali, mese dopo mese. È l’apparente immutabilità delle sempreverdi, caratteristica apprezzata dai vivaisti, che hanno usato queste piante nei parchi e giardini proprio in virtù dei costanti portamenti e sembianze. In realtà la cenosi vegetale del Colle di Osoppo, che appare complessivamente sempreverde, è composta da innumerevoli specie, ognuna intenta a svolgere un suo ciclo vitale, mutevole come in ogni pianta. Anche le vere sempreverdi, come i ligustri arborei o i lecci, fioriscono, sporificano, germogliano, cambiano regolarmente foglie, fruttificano e si trasformano; soltanto che l’abscissione fogliare non è simultanea, come accade per le caducifoglie.
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Molte altre specie che appaiono verdi in inverno, in realtà non sono sempreverdi, ma soltanto in una fase del loro ciclo che anticipa, o ritarda, il rinnovo delle foglie. Così ogni qualvolta camminiamo da queste parti troviamo alcune piante che emettono le spore, mentre altre stanno fiorendo, altre ancora disperdono frutti, germogliano, e via dicendo… Il risultato è un complessivo stato d’inerzia del paesaggio, delle forme e dei colori. In realtà ciò non è altro che la risultante di tante singolari trasformazioni. Ad esempio il novello verde della Glechoma hederacea, i cui giovani getti sono appena rigenerati, quest’oggi era simile al verde stanco dell’Epimedium alpinum, che dovrà tra qualche mese generare nuove foglie, tralasciando quelle malconce con le quali ha trascorso l’inverno. A ben osservare scopriremmo che ogni specie vegetale, che oggi appariva verde, sta compiendo un suo ciclo ed è immersa in una di queste fasi vitali. Anche il nostro ciclo è in una certa fase, e alla verde gioventù si sostituisce ben presto la canuta stagione, perlomeno dal punto di vista fisiologico. Perché, se lo vogliamo, possiamo mantenere nello spirito i nostri pensieri e le nostre azioni al riparo dalle gelide avanguardie del generale inverno. Curiosando con vivo interesse nella Natura, appassionandoci alla botanica, alla zoologia, alla geologia, troveremo sicuramente ripari e anfratti dove sarà possibile conservare la nostra clorofilla, integra, vitale, e trasformarci in veri evergreen.