RAMANDOLO – 13 OTTOBRE 2020
L’abbraccio
Il Ramando è un mistero. Dentro quel vino dal colore dell’ambra c’è un universo. Ci sono le mie montagne: la possente Bernadia, con il suo ripido e roccioso versante sud, quello di Costa Dolina, che sovrasta, protegge e tenta d’abbracciare i teneri colli meridionali. Il tentativo è ancora in corso, e per ora si è risolto in un sovrascorrimento dei suoi bianchi blocchi calcarei, vecchi come i dinosauri, sulle fragili marne e arenarie collinari, molto più giovani. In quel dolce vino c’è l’aria tersa delle primavere a crochi ed ellebori, delle planate della poiana, c’è il canto delle capienere in siepi sempre più fitte, impenetrabili. C’è l’acqua cupa delle pozze ombrose del cornappo, e i tuffi audaci nelle estati giovinette; le ragazze, volti belli da ricordare o reinventare. Ci sono le grotte e i loro misteri: la Pre-Oreak, con il sifone dove l’acqua risorge da chissà quali abissi. L’acqua dentro le grotte è nera o resta trasparente? Ci sono le streghe della grotta di Torlano, e gli orsi delle caverne, venuti subito dopo o prima di loro? C’è il Pust, infrattato nella spelonca sopra il paesino, uscirà il 5 gennaio, quando il Palavin rischiarerà la tredicesima notte con le sue faville impazzite. (continua…)
In questo periodo di restrizioni sociali e privazioni di contatti a scopo preventivo ci viene incontro il paesaggio; ci fa sentire partecipi di uno spazio scevro da vincoli e censure. Quello dolce e aperto del Colli Orientali è oltremodo inclusivo, emotivamente coinvolgente.
Il vino le raccoglie e le conserva, e di anno in anno le amplifica tra la lingua e il palato, o in certi punti remoti della bocca che mai pensavi esistessero. Il vino lucente contiene il profumo del miele, del caprifolio selvaggio, della rosa di macchia, l’odore della fatica del piccone e della forca, della stalla, del letame, della terra quasi vergine e grattata con rabbia e passione per tirarvi fuori qualcosa. C’è Nievo, lui non può mancare, assaggia con te e racconta, narra con dovizia di dettagli, sfumature, le stesse che trovi nel sapore, nei sapori, tanti, troppi forse per te, oggi, qui. Il un bicchiere di Ramandolo rinvieni il giusto ritmo delle stagioni che nessun cambiamento climatico potrà mai modificare, e a ben cercare ritrovi, forse, te stesso, o almeno una sua parte, quella che hai smarrito per ultima, o che stavi per smarrire. Dentro in Ramandolo che ho ammirato, annusato, bevuto stasera c’era mio zio, lontanissimo ormai nel tempo quotidiano. Dei tanti ramandoli che ho bevuto, questo mi ha portato al primo, a casa sua. Ero bambino e ricordo solo il dolce, adesso, solo il dolce. Il retrogusto leggermente, velatamente, delicatamente asprigno, quello l’ho sentito dopo, molto dopo. L’incontro, inatteso e probabilmente inconsciamente desiderato, giunto furtivamente sul calare del giorno, si è risolto in un abbraccio, lungo e materno, che ancora dura. Ecco perché ho detto che quel vino dal colore delle caramelle d’orzo è un mistero.