FAGAGNA – 7 GENNAIO 2021

La testa tra le nuvole

Accade a volte di camminare con la testa tra le nuvole. Le preoccupazioni quotidiane insistono e ci ronzano attorno come fastidiosi tafani, pronte a pungerci appena non facciamo qualcosa per scansarle. Quel qualcosa sarebbe semplicemente il concentrarci su ciò che ci circonda, l’avere cura dal nostro intorno, piccolo o infinito che sia. Non facendo attenzione a ciò che incontriamo, a ciò che abbiamo di fronte, sotto i piedi o sopra la testa, perdiamo il “filo del cammino” e inciampiamo nuovamente nei soliti problemi irrisolti, nelle piccole questioni da sistemare, nei dilemmi incrociati lungo il nostro cammino di vita. Può accadere, e accade spesso camminando in Friuli, di essere sovrastati da cieli intriganti, complessi, dove le nuvole assumono con mutevole dinamicità forme, dimensioni e luci inimmaginabili. Cieli scenografici che diventano protagonisti sopra ben conosciuti paesaggi terrestri, rendendoli nuovi e regalandoci il gusto d’inedite visioni. Penso che chi vive nella Piccola Patria sia particolarmente fortunato sotto quest’aspetto, perché il campionario paesaggistico è davvero ricco. Pertanto i mutevoli scenari celesti compongono abbinamenti infinitamente vari. Se tuttavia, in una giornata adornata da nuvole mutevoli, cammini assorto nei tuoi pensieri, intento ad osservare più dentro che fuori di te, e non ti rendi conto dello spettacolo attorno, sei veramente con la testa “fuori dalle nuvole”! Condizione che, a mio giudizio, non è una cosa positiva.
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Le colline moreniche sono una garanzia di successo per le camminate, in qualsiasi stagione. Non importa la lunghezza del tracciato o la meta. Ciò che conta è la mole di “valenze” storico-naturalistiche che ti si riversa addosso ogni qualvolta capitiamo da queste parti.

Così, scattando le fotografie ai cieli odierni, i cieli affrescati di questo pomeriggio di gennaio, ho fortunatamente potuto apprezzare la loro bellezza, il loro fascino, la sublime vastità dell’etere ed i suoi profondi misteri. Abbiamo imparato che la troposfera, il sottile strato contenente il vapore dell’acqua, e quindi le nuvole, si estende per appena una quindicina di chilometri sopra di noi. Basterebbe una camminata di tre ore per andarci oltre, se fosse proiettata in orizzontale. Una buccia ancor più sottile di quella di una mela, per il nostro immenso globo terrestre. Eppure a vederla espandersi sopra i colli con cotonosi cumuli bianchi, filtrare raggi di luce sulle torri merlate dei castelli, avvolgere in lontananza le cime prealpine, dilatarsi a perdita d’occhio sulla sottostante pianura, questa eterea buccia è sembrata quest’oggi d’una vastità smisurata, emotivamente ingestibile. Quindi, vista l’inafferrabilità del cielo, più che perdersi con la testa tra le nuvole non sarebbe meglio continuare a dedicarsi alle piccole, e forse risolvibili, problematiche quotidiane? No. Penso sia una questione di allenamento. Nessun atleta si sognerebbe di disputare una maratona il primo giorno dopo un lockdown. Ma alzando più spesso gli occhi al cielo e dedicandogli un po’ più del tempo che gli riserviamo quando ci serve solo a vedere se pioverà o ci sarà il sole, un po’ al giorno impareremo a capirlo e ad apprezzarlo, e forse a cercarlo, quando sentiremo il bisogno di perdercisi dentro, di liberarci in lui.