MEDUNO – 8 SETTEMBRE 2020

Ortensie e fantasmi

Strabiliante pomeriggio settembrino. Si va “di la da l’aghe”, del Tagliamento prima, della Meduna poi. Strati rocciosi verticali si specchiano nelle pozze immobili. Arenarie impilate come libri nella biblioteca della Terra. Tra quelle pagine scritte milioni di anni si celano conchiglie, denti di squalo e fossili di antichi cetacei, parenti degli attuali delfini. Poco più su, altre pietre e altri tempi danno forma a Preplans. Il borgo ci accoglie in controluce con pesche mature e lamponi, ma in silenzio. Tace immobile, come le verdi acque della Meduna. Sembra che gli abitanti, prima di partire per trasferirsi altrove, ci abbiano lasciato in dote balconi di gerani e i loro pensieri, scritti qua e la su assi di legno, incisi su vecchie porte, come testamenti improvvisati. Il borgo è da incanto; da gustare in solitudine, senza fretta e senza un ordine preciso. Una corte centrale in cui si affacciano, come allo specchio, ballatoi, fienili, legnaie e portici. Per entrarci puoi scegliere o l’ingresso Est o quello Ovest. A Nord e Sud file continue di casse in linea. Fuori Preplans c’è il vecchio lavatoio in pietra, coperto da una soletta in cemento armato, grande privilegio degli ultimi anni di vita del borgo. A sinistra il vecchio gabinetto condiviso: due turche ornate da edera, luogo appartato dal quale si poteva meditare ammirando la valle sottostante. Di fianco parte la stradina in salita per Frisanco. (continua…)

Al di là del fiume, tre borgate fantasma e una scuola. Una stradina acciottolata che sopravvive solo per un breve tratto in mezzo al bosco, dove l’asfalto non ha colpito. Prati, coltivi, voci e rumori di attrezzi d’un tempo svaniti. Sopravvivono fiori ai balconi e ortensie bianche.

L’acciottolato sconnesso ci conduce attraverso un bosco scompigliato a Forcella, borgata fantasma dove le abitazioni in rovina pareggiano quelle scampate all’abbraccio fatale dell’edera. Un uomo, originario di qui, sta decespugliando la scarpata sotto la vecchia scuola. Ci vogliono litri di miscela e metri di filo per salvare ciò che resta di erboso dall’aggressione di rovi e noccioli. Ci saluta fugacemente e continua a decespugliare. Dal suo orto curato si vedono i borghi di là dalla vallata, dal Blanc a Cilia: le terre di Ida Vallerugo. L’aria fina accoglie l’essenza di certe sue dolci poesie; le ortensie tra ruderi e case ne contengono lo spirito. Belle ortensie bianche che qualcuno avrà piantato in tempi migliori, ma che adesso sfoggiano l’abito più sontuoso, proprio ora che pochi le ammirano. La vecchia scuola è avvolta dal verde che ha scavalcato il recinto e vorrebbe mangiarsi il fabbricato. Un altro po’ di salita e, accompagnati da una faina che ci saltella davanti voltandosi di tanto in tanto a vedere dove andiamo chiedendosi forse il perchè, entriamo a Valdestali, il più alto dei borghi, ben ristrutturato e senza rovine. Ci è venuta a stare gente chic, che cura i fiori ai balconi e le ortensie lungo la via principale. Belle ortensie bianche, la stessa varietà di Forcella. Fiori grandi, che guardano al borgo come lo guarderebbero oggi i suoi vecchi abitanti: con distacco e nostalgia, pensando alla loro gioventù, al suono metallico della falce tra l’erba delle rive, a quel “ziin” preciso e tagliente col quale hanno dato forma e vita a qualcosa che oggi non c’è più.