GRIZZO – 14 NOVEMBRE 2020

Pane e panorama

Completare il giro dei monti friulani non è impresa di poco conto, richiede il suo tempo! Quando ricapiti dalle stesse parti possono essere trascorsi parecchi anni, ma ritrovi lo stesso pendio assolato, la curva del sentiero che aggira una balza erbosa, una roccia affiorante con le medesime piante, lo strappo finale verso la cima. Magari hai scordato la fatica della salita e rammenti solo il bel panorama, la piacevole comitiva, le belle fioriture. La memoria trattiene gli attimi sereni, se può, se ce ne sono stati, se sei stato fortunato a vivere in questa parte di mondo, in una famiglia giusta, senza affanni e restrizioni. Può capitare che te li nasconda in qualche anfratto, in qualche discosta vallata dei tuoi ricordi, ma quando rimetti i piedi negli stessi luoghi, anche dopo anni e tanti altri luoghi percorsi, ritrovi tutto, come apparecchiato per te: i volti di chi era lì e ora magari non c’è più, la luce di quel giorno, diversa da quella di adesso, i tuoi gesti d’allora, il suono e il senso dei discorsi fatti proprio in quel punto, su quel sasso usato per sederti. (Continua…)

Di tanto in tanto ci torniamo a casera Rupeit, sotto la Pala d’Altei; ogni decina d’anni, o forse più. La ritroviamo sempre allo stesso posto, magari un po’ più in alto, ma è una questione anagrafica. Il panorama e la serenità del luogo invece non cambiano mai.

Non sono mai stato un campione di memoria, uno di quelli che ti descrivono per filo e per segno situazioni vecchissime, perse nei fondali del tempo, ricordandosi pure i dialoghi, le battute, le espressioni della gente. Ma in certi luoghi, tra i monti o le campagne, mentre cammino in sentieri percorsi in passato, saltello tra le pozze delle capezzagne, rientro in casere o quando, più di rado, risalgo le cime, mi tornano in mente le passate escursioni, le compagnie, la reminiscenza di qualche dialogo. Riaffiorano a pezzi più o meno completi, dai margini quasi combacianti, ricomponendo un collage che esploro con calma, piacevole da rivivere quasi come il presente che mi circonda. A volte vi emergono prati che negli anni si sono trasformati in boscaglia, grandi alberi che non ci sono più, a volte sentieri divenuti piste forestali o vecchi stavoli trasformati in accoglienti dependance. La memoria è in grado di conservare piccoli dettagli con precisione inaspettata, come un vecchio ombrello appeso ad un muro di cui rivedi solo il chiodo, o l’odore di fuliggine di una casera ridotta ad un mucchio di pietre squadrate. (Continua…)

Davanti alla minuta casera Rupeit, che per fortuna è ancora ben salda sulle sue fondamenta rocciose, e curata dalla passione di volontari che ne hanno fatto un accogliente rifugio, il panorama sui tetti di Montereale e le cangianti ghiaie del Cellina, che si smarriscono nella foschia della pianura, non è cambiato, e lo ritrovo intatto dall’ultima volta. Saranno passati più di dieci anni. Come ritrovo inaspettatamente intatto il sapore di quel panino col prosciutto cotto che mangiai qui davanti, osservando il panorama. E pure intatte riverberano in me le parole di chi, in quella giornata un po’ grigia e un po’ fredda di fine estate mi disse: “… pane e panorama, cosa c’è di meglio…”. Mentre arrostiamo fette di polenta alla brace, sciogliendovi sopra formaggio fresco, cuociamo sulla griglia salsicce e fette di salame nostrano, annuso questi appetitosi aromi e converso a bassa voce con gli aiutanti cuochi. Probabilmente saranno questi i ricordi che riappariranno la prossima volta che saliremo a casera Rupeit, dopo un altro errabondo vagabondaggio per monti, un’altro giro di giostra: “… Venghino signori venghino, lo spuntino è pronto! …”.