RAGOGNA – 16 SETTEMBRE 2020
Riflessioni riflesse
Se guardi le scarpate di Aonedis riflettersi nella grande pozza con l’acqua immobile, lo scenario raddoppia. La nitidezza dell’immagine riflessa pareggia quella reale al punto che potresti pensare al contrario, e vedere al mondo della pozza come a quello reale e generatore dell’altro. Basta un sassolino lanciato in acqua a riportare tutto alla normalità. Nei cerchi concentrici svanisce il sogno di poter far parte di quel mondo liquido, effimero e trasparente, e nel rientrare dentro il tuo, sentendo sotto le scarpe i ciottoli sconnessi, capisci quanto sia faticoso camminare da questa parte della luce. Oggi le scarpate di Aonedis, come cattedrali di sabbia e sassi che dall’alta pianura friulana precipitano sul mormorante Tagliamento, ci hanno accolto come un’urna di luce, e d’acqua, come scrisse Qualcuno. Non penso di meritarmi questa fondamentale accoglienza. È stato un pomeriggio così caldo, per essere metà settembre, con un sole basso ma ancora forte, che illuminava frontalmente uno scenario tra i più belli che mi sia mai presentato davanti. Forse ho memoria corta, e ho girato poco il mondo, anzi niente. Ma questo posto, che contiene al contempo “Les Ocres du Luberon” e le “White Cliffs of Dover” mi ha regalato emozioni che ritengo pari a quelle che avrei provato dinnanzi a quei siti blasonati. Soprattutto più intime e appartate. Qui mancano forse poeti e pittori in grado di tradurre tanta sublime bellezza. Ma oggi, al piede “Des Rives di Savoneles”, tanto per sfoggiare un po’ di sano campanilismo esotico, non eravamo soli, in cammino nelle nostre vite, nelle nostre lontananze. Ci teneva compagnia il grande fiume. Gentilissimo come sempre, accogliente e taciturno. E tacere è una virtù; e io oggi, come sempre accade, ho appreso dal mio fiume a migliorare il mio silenzio, benché mi sia richiesto per mestiere l’intrattenimento, l’ostentazione nozionistica. Certo che ho tentato di leggere, di tradurre, decifrare il tempo e gli accadimenti tra gli strati d’ocra e grigio, tra “touf” e brecce, arenarie e vulcaniti, ma poi mi è tornato in mente il pensiero di una signora inglese che curava e amava il suo giardino e diceva più o meno: “basta scienza! Basta arte! Lasciate queste morte foglie, e sia con voi un cuore che tutto osserva e accoglie”. Così ho lasciato andare, accogliendo, il mio fiume. E in fine ho fatto un tuffo sacrilego in quell’urna d’acqua!